Tuesday, June 30, 2015

Grazie - ultima puntata

Eccoci giunti alla fine di questo mio racconto. Mi dispiace di non poter
entrare in maggiori dettagli, con aneddoti e ricordi, in fondo questa e solo
una storia come tante altre del passato e che qui hanno potuto trovare un
loro futuro.
Scorre cosi il mio tempo in questo paese che mi ha accolta senza se e senza ma.
A scuola, delle suore più o meno buone, ci hanno insegnato la storia del
popolo canadese, un popolo d'emigranti sin dalle origini che mai ha lasciato
ritornare i suoi nuovi figli alla terra d'origine.
In verità ci sono stati anche eventi dolorosi: figli, figlie, padri e mamme che
hanno perso la vita nel combattere due guerre sul vecchio continente, due
guerre che in realtà non erano loro.
Sono state accettate per solidarietà nei confronti di popoli in difficoltà e cosi
ci siamo messi a loro fianco e costruito un paese dove regna onore e fierezza.
A scuola non si andava certo no ben  vestiti, per mangiare si utilizzavano
gli ingredienti che c'erano e di cibi all'italiana non se ne parlava perché erano
poco conosciuti e ne arrivavano molto pochi dall'Europa.
Ricordo che in quei tempi si andava al mercato il sabato mattina con la
corriera. Il mercato era all'aperto, si comprava di tutto, comprese
galline vive e verdure. Una volta, tornando a casa in corriere, spunto da una
borsa la testa di una gallina viva che si mise tranquillamente a beccare la verdura
nel sacchetto della persona che c'era davanti. Un'altra volta, un tale aveva
comprato un capretto e a piedi, per due chilometri, lo stava conducendo a
casa legato a una corda. Ad un certo punto l'animale si impaurì e gli
sfuggi via. Fu una una scena comica vedere l'uomo incorrere affannoso per
le strade il proprio capretto. Peccato che in quei tempi non esistevano i
telefonini per riprendere la scena e farla vedere ai giovani d'oggi.
La vita era dura. C'era una vecchia signora che chiedeva solo le ali, il collo
e le zampe della galline perché non poteva comperarsi tutti il resto.
In ogni scampolo di terra vuota, spuntavano ortaggi, o si andava a
cogliere la  cicoria nei giardini pubblici o nelle campagne sperando che
nessuno ti vedesse per chiederti cosa ne volessi fare di quelle erbacce
da noi chiamata "cicoria".
Ho avuto in regalo la mia prima bambola a l'età di 10 anni. Ricordo ancora
la gioia di averla tutta per me. Era cosi bella che la portavo a dormire con me
ogni sera.  Erano giorni felici e bellissimi di un'età che non vedeva e non
comprendeva i problemi degli adulti.
Dopo 6 o 7 mesi, noi bambini già capivamo tante parole straniere, cosi
mentre imparavamo la nuova lingua, cercavamo di insegnarla anche ai nostri
genitori con tanta fatiga. la nuova lingua non gli entrava in testa a questi.
Si continuava con la scuola per imparare chi il francese e chi l'inglese, ma alla
fine si imparo a parlare e scrivere tutte e due.
Quella che mancava un po era la nostra lingua madre (l'italiano) di cui nel
tempo s'è persa molto della sua conoscenza. Alcuni, come me, hanno
continuato leggendo romanzi in Italiano e un po con la scuola il sabato
mattina dalle suore italiane. L'unica stazione radio in italiano andava in
onda per 2 ore la domenica.
..... E questo il racconto degli inizi della mia storia, della mia vita.
Molto altro ancora ci sarebbe da raccontare, come il mio primo viaggio
in Italia dopo 15 anni passati all'estero. Ricordo che l'impressione fu
terribile perché io ricordavo l'Italia degli anni '50, che ormai non c'era più.
Oggi faccio un po avanti e dietro con l'Italia, pero non mi sento più a casa
mia, mi sento come un'animale preso tra un muro (la mia patria) e una
gabbia (la mia nuova patria). Tornando alla terra natale mi sento una
forestiera e nelle mia nuova patria sono sempre un'emigrante...
Mah! forse sono una nuvola che va dove soffia il vento e che non
appartiene a nessuno?

Grazie per la vostra lettura e comprensione, e chi sa se un giorno non
molto lontano continua questa storia.....

NB: E grazie a Davide per il suo aiuto. 

Thursday, June 11, 2015

Grazie continua...

Quando il silenzio mi fa compagnia,
posso permettermi di continuare la mia storia
simile a quella di tante altre persone emi grate,
unite nel ricordo del gran passo affrontato negli
anni dopo laseconda guerra mondiale.
Nella stazione dove eravamo arrivati si
sentiva gente piangere, gridare e correre v
erso quella sala immensa sino a che pian piano
tutto tornò quasi normale anche sui visi delle
guardie ferroviarie che finalmente vedevano tutte
quelle persone stanche, nervose e un po strane,
andarsene con i loro parenti.
Io però non volevo andarmene,
non volevo lasciare che il treno puzzolente
se ne partisse via senza di me perché solo
lui sapeva il percorso che mi poteva riportare
alla nave per far ritorno al mio paese.
Ma cosi non fu e fui costretta di mala voglia
a seguire quell'uomo che ci faceva fretta.
Era una domenica di metà agosto con un c
aldo soffocante e umido, avevamo fame,
ma potei udire quell'uomo dire ad un'altroche
ci voleva più di un'ora per arrivare a casa...
Entrammo tutti in un auto che scaricava una puzza
da far venire il vomito, ma il mio stomaco era
vuoto e non ne poteva uscire niente....
Dal mio finestrino vedevo girare l'auto di qua e di là,
a volte andava diritto, altre volte mi sembrava
che andasse indietro. Dovunque automobili,
tanti automezzi, ma più di tutto era c
olpita da una specie di corriera che emetteva
nuvole di fumo e quel fumo era dappertutto …
e il mio stomaco continuava a ribellarsi.
Finalmente arrivammo.La casa era tutta bianca e
rifletteva tanta luce quasi da far male agli occhi.
Ci accolsero una donna altissima e un uomo magrissimo
con una bambina di due anni che guardava con o
cchi fissi nel vuoto: erano i miei zii e la mia cuginetta
che vedevo per la prima volta.
Il pranzo era pronto e c'era anche un bicchiere
con una bevanda nera o marroncino
dal sapore per me disgustoso, con tante di
bollicine che mi entravano nel naso.
Che schifezza pensai; così che ho gustato
il mio primo bicchiere di coca-cola.
Con una pasta rossa, un pane passabile
e un pollo per otto persone iniziò
la mia nuova vita canadese.
Quei primi tempi furono difficili per la lingua,
per la maniera con cui ci trattavano nei negozi,
e per il mio stomaco che si rivoltava ogni volta
in cui passavo vicino a quelle corriere...
Agosto finì e arrivò settembre.  
Mal vestiti,col freddo e le intemperie,
quei primi due o tre anni furono
davvero molto duri. Io andavo a
scuola dalle suore, alcune erano buone
e comprensive, altre un po meno e in classe
ci mettevano negli ultimi banchi
perché avevamo problemi con la lingua
e non potevano occuparsi troppo di noi.

Ritornero per l'ultima puntata fra qualchi giorni.  
NB: GRAZIE DAVIDE